Never again... era scritto tante volte sul registro all'ingresso della casa di Anna Frank.
Never again... e la variopinta vitalità delle strade di Amsterdam sembrava fermarsi davanti al buio inquieto di quel piccolo portone, la malinconica suggestione dei suoi canali trascolorare nell'incubo dell'orrido fumo di Auschwitz.
Never again... in tutte le lingue del mondo, con grafia ora decisa di rabbia, ora incerta di sgomento, ora tremante d'emozione; parole sempre dolorosamente uguali, figlie di mani piccole e grandi, bianche nere o gialle, vecchie o bambine, che si posavano sul candore dei grandi fogli del libro come le colombe della pace.
Never again... leggevo negli occhi di chi scendeva dalle strette scale della casa, incredulo del pozzo di orrore su cui aveva affacciato lo sguardo del cuore, con la mente attanagliata dall'atroce impotenza di chi non può nemmeno fingere che non sia accaduto nulla, né far più nulla che sperare che non accada più.
Never again... ma la speranza è anche impegno, consapevolezza, solidarietà: parole vuote come assenze, se non siamo noi a riempirle giorno dopo giorno, ricordando a noi stessi ed agli altri chi siamo e chi potremmo essere, se solo volessimo.
Never again... eppure è successo ancora, in altri tempi, in altri luoghi e in altri modi; ma è possibile che il male sia parte di noi come una condanna eterna, una malattia incurabile, un DNA maligno subdolamente replicantesi all'infinito?
Never again... ma finché una sola volta ancora queste piccole grandi parole compariranno su quel registro, finché una sola lacrima timidamente ne bagnerà un foglio, non potrò non credere ancora nell'Uomo.
Never... never again!
Pinovit Pinion
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